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lunedì 9 giugno 2014

CasaPound: “Gli insegnanti precari vogliono dignità".

Il movimento al fianco di una categoria che si sfoga e denuncia quello che sta accadendo.


Terni, 9 Giugno - “Si avvicina la fine delle lezioni scolastiche e per milioni di ragazzi arrivano le tanto agognate vacanze, così anche per i professori che finalmente potranno godersi il meritato riposo; purtroppo però, le favole moderne disattendono la tradizione, il mestiere del docente o aspirante tale non è di certo una favola”. Parole di un’insegnante precaria, che narra a CasaPound Terni le problematiche legate alla sua posizione. 

In una nota, che Piergiorgio Bonomi, responsabile di CasaPound Terni, ha divulgato come gesto di sostegno nei suoi confronti e di tutta la categoria, si legge: “Insegno da precaria da 7 anni e come tanti miei colleghi svolgo il mio lavoro con passione e dedizione. Vengo assunta, quando va bene, ad anno scolastico iniziato con contratti a tempo determinato e ‘fine avente diritto’, cioè  nella speranza che nessuno con più punteggio venga a reclamare il mio posto, e così contribuisco, seppure nell'incertezza, a far funzionare il sistema scuola. Da anni attendo di fare il salto di qualità, di avere la possibilità di arrivare all'abilitazione formale della mia professionalità attraverso un percorso che mi permetta, in tempo di crisi, di non dover rinunciare al mio lavoro e allo stipendio. Così quando a febbraio 2014 si è presentata l'occasione di iscrivermi al PAS (percorso abilitante speciale) riservato a docenti con almeno 3 anni di insegnamento alle spalle, non mi sono lasciata sfuggire l'occasione. Come da decreto dipartimentale n.45 del Miur, il PAS sarebbe dovuto partire con le lezioni  entro la seconda metà del mese di dicembre 2013 per concludersi entro la prima decade del mese di giugno 2014, permettendo l'abilitazione dei candidati entro la fine del mese di luglio dello stesso anno. Strano a dirsi, per un corso di un costo variabile, da ateneo ad ateneo, da 2200 euro a 3000, le università hanno rimandato il più possibile la partenza dei corsi definiti dagli stessi docenti universitari (informalmente) ‘una grande rottura di scatole per la quale non vengono pagati”. 

“In sintesi - prosegue la nota - l’Università di Perugia li ha attivati il 6 marzo obbligando i partecipanti ad iscriversi in 9 giorni lavorativi dalla presentazione del bando, ad un peregrinare continuo tra diverse facoltà dislocate in vari punti della città, a tentare di sdoppiarsi causa sovrapposizione delle ore di lezione, a ritmi massacranti visto che le lezioni erano ‘spalmate’ su ben 5 pomeriggi a settimana (lunedì-venerdì) non concentrando le lezioni nel fine settimana come suggerito dal Ministero, senza offrire neppure la possibilità di seguire on-line almeno parte del percorso. Il carico di lavoro, strano a dirsi, per ciò che riguarda l'ateneo umbro, che sempre si distingue per disorganizzazione e pressappochismo, ovviamente non è stato minimamente adeguato alla situazione ma strutturato semplicemente riciclando i percorsi TFA ma condensandoli in brevissimo tempo, cosa che ha reso la nostra vita di insegnanti-studenti-padri e madri, davvero un inferno. Io, come molti altri, ho viaggiato su e giù per la regione ogni giorno, studiato di notte per non togliere tempo e qualità al mio lavoro di insegnante ed ora, dopo 4 esami sostenuti col massimo dei voti, mi vedo declassare il valore del PAS. Soldi, fatica e tempo sprecati, buttati all'ortica perché si è deciso di favorire chi ha frequentato il TFA ordinario arrivando ad un divario di punteggio per le graduatorie di ben 36 punti pur avendo svolto la stessa mole di lavoro, nella  iniziale certezza di avere pari trattamento ad abilitazione conseguita. Siamo stanchi di essere sempre dimenticati, sviliti da istituzioni e persino dai sindacati che teoricamente dovrebbero sostenerci, e vogliamo solamente ciò che ci spetta, dignità”.

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